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Dott.ssa Giorgia Danesin, PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA

Essere Resilienti, cosa significa?

  • Immagine del redattore: Dott.ssa Danesin Giorgia
    Dott.ssa Danesin Giorgia
  • 14 feb 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

La mia esperienza


Farmi salvare la vita è l'avventura più straordinaria che mi sia mai capitata”,

"Vampiro in pigiama", M. Malzieu.




Questo non sarà un articolo come gli altri, anzi non si tratta proprio di un articolo.

Mi sono domandata quale tema potesse essere interessante, quale tematica psicologica potesse catturare l'attenzione di te che leggi; mi è apparsa nella mente, in modo immediato, una parola: Resilienza.


Intanto: cos'è la resilienza?


La resilienza indica un “tratto di personalità composito, in cui convergono fattori di varia natura (…) che con la loro azione congiunta mobilitano le risorse dei singoli, dei gruppi e delle comunità. (…) Di fronte agli stress e ai colpi di vita, la resilienza dà infatti luogo a risposte flessibili che si adattano alle diverse circostanze ed esigenze del momento” (“La forza d'animo”, Anna Oliviero Ferraris, edito Biur).


In altre parole, è la capacità della persona di affrontare in modo adattivo eventi stressanti e traumatici della vita.


Sui social leggo moltissimi pensieri, citazioni, aforismi che hanno come protagonista lei, questa preziosa abilità, utile nei momenti traumatici o anche solo particolarmente stressanti.

Continuando il mio “brainstorming” mentale, ho iniziato a pensare a come strutturare il testo, a quali manuali consultare, quali articoli accademici leggere, ma poi, dopo un'attenta riflessione, ho preso una decisione, forse tra le più rischiose, ma anche tra le più importanti della mia vita: parlare della mia esperienza traumatica e del modo in cui l'ho gestita e come mi sono adattata a sei mesi, credimi, d'inferno.


Nel giugno 2018, a seguito di esami del sangue, TAC ed esame istologico, ho ricevuto la diagnosi che nessuno vorrebbe mai sentirsi dire; il dottore mi chiese: “Sai cos'è il Linfoma di Hodking?”. Io risposi di no e lui continuò dicendo in modo molto diretto e senza girarci intorno: “E' un tumore maligno del sistema linfatico, curabile e guaribile!. Mi ha spiegato che si utilizza lo stesso protocollo terapeutico da 30 anni, che è efficace ed ha una bassissima percentuale di ricadute.

Io, insieme ai miei genitori, ascoltavamo in silenzio, raggelati, attenti e spaventati.

Allo stesso tempo però, mi sentivo rassicurata: Vabbè dai, si guarisce... basta questo! pensai.

Non ho voluto dare il giusto peso alla faccenda, non ho voluto focalizzarmi sulla gravità del problema, quello che mi ripetevo continuamente e con sincera convinzione era : “Ha detto che guarisco! Va bene così!”.


Da qui, è partito tutto: la PET per capire a che stadio fosse il tumore (il terzo), l'intervento per il PICC (la canula da dove avrebbero iniettato la terapia), l'intervento per il prelievo e conservazione degli ovociti e poi, dulcis in fundo, lei... La Rossa, la chemioterapia. Ho dovuto fare un totale di 4 cicli da due somministrazioni ciascuno, della durata di un paio di ore a somministrazione. Dopodichè un mese di radioterapia, per far tornare i linfonodi alla dimensione naturale.

Ecco, a seguito di questo (lungo) preambolo, voglio con tutta me stessa dare dei consigli a chi ci sta passando, a chi si sente confuso, spaesato, spaventato, ma anche arrabbiato, impotente (sappi che non lo sei, anzi!); voglio dare il mio di contributo, sperando che possa essere utile più di ogni altro intervento teorico sulla resilienza che avessi mai potuto sviluppare.

Quindi ecco qui i miei 10 consigli:


  1. Fate domande ai medici, anche quelle che possono sembrare banali. Io, quasi con vergogna, chiesi se avessi perso i capelli, i miei amati capelli lunghi fino a quasi metà schiena; il dottore non mi fece finire la domanda, mi consigliò di andare a tagliarli. Domandare è un vostro diritto, sappiatelo!

  2. Esprimete le vostre emozioni, non abbiate paura; piangete, non vergognatevi! Prendetevi del tempo per metabolizzare la diagnosi, ascoltate i vostri bisogni, siate anche un pochino egoisti, è un vostro diritto anche questo!

  3. Chiedete aiuto a specialisti. Se il carico emotivo è alto, se non riuscite a gestirlo, se questo vi debilita nella vostra quotidianità, chiamate uno psicoterapeuta. Non è un indice di debolezza, anzi è il miglior atto di coraggio che possiate mettere in atto!

  4. Circondatevi di persone che amate e che vi amino. L'isolamento è, al contrario, un deterrente, un alimentatore di tristezza, combattetelo! Personalmente, io uscivo spesso (armata di mascherina), sono andata addirittura a vedere il concerto di Cristina D'Avena; ho riso (tanto), ho visto amici ed ho passato tanto tempo con il mio ragazzo.

  5. Riposatevi, non strafate!

  6. Coccolatevi, tanto!

  7. Dedicatevi ad attività piacevoli; oltre alla vita sociale, mi sono dedicata moltissimo alla lettura (attività che amo profondamente); prediligevo romanzi leggeri, simpatici e soprattutto dal lieto fine.

  8. Usate l'ironia, un potente strumento per esorcizzare la paura. L'ironia fa parte di me; la uso molto anche con i miei pazienti, aiuta a prendere il giusto distacco e a guardare le cose da una prospettiva diversa.

  9. Non cercate su Google: il medico in carne e ossa, quello che conosce la vostra storia clinica, è l'unico a cui dovete affidarvi. Seguite le sue istruzioni e, per qualsiasi domanda, fate riferimento a lui. Google usatelo per cercare una ricetta di una buona torta al cioccolato.

  10. Riempitevi di colori, usate fasce per capelli sfiziose, turbanti accattivanti, foulard allegri. Non lasciate che l'oscurità vi offuschi la mente, combattetela con una vita di arcobaleni.

E soprattutto... una sola cosa, in conclusione...

ABBIATE CORAGGIO, NON SIETE SOLI!

Giorgia

 
 
 

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© 2020 Dott.ssa Giorgia Danesin, Psicologa Psicoerapeuta

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